Insegnare il nazismo con l’aiuto del cinema
prof. Iannis Roder
Il nazismo è spesso considerato dall’opinione comune e anche dalla maggior parte degli insegnanti come qualcosa di già conosciuto, dal momento che pare fondarsi su di una costruzione semplicistica centrata sul rifiuto e sull’odio dell’altro. Non di rado ci si imbatte in considerazioni o commenti che definiscono i nazisti come “barbari” e le loro azioni come “atti di barbarie”.
Conviene, invece, mettere in luce il fatto che il nazismo nasce da un sistema di pensiero assolutamente razionale, fondato innanzitutto su una visione della storia e del mondo che va inserita in un contesto particolare della storia tedesca.
In effetti, il nazismo corrisponde a una rilettura della storia attraverso la lente focale della razza, in una concezione ossessiva e paranoica. Secondo questa concezione, la “razza germanica”, o “nordica” avrebbe, da sempre, dovuto far fronte alla volontà dei popoli semiti (“gli ebrei”) di distruggerla, in modo o in un altro. Dalla notte dei tempi, si diffonde l’idea della necessità di una lotta per la dominazione, ma allo stesso modo di una lotta per la sopravvivenza della razza “nordica”.
Secondo questa visione, dunque, i “nordici” o gli “ariani” rappresenterebbero il punto più alto dell’umanità, in quanto “creatori di ogni civiltà” come affermava Adolf Hitler. Il nazismo denuncia il “meticciato”, la commistione tra le razze vista come portatrice di decadenza, mentre glorifica la purezza razziale. Questa visione razziale compare molto chiaramente nel cinema tedesco sotto controllo nazista. La celebre regista Leni Riefensthal mette in luce, soprattutto nel suo “Olympia o gli dei dello Stadio” (1938), le concezioni razziali naziste, realizzando al contempo un’opera di propaganda, in modo da contribuire a diffondere presso la coscienza della popolazione tedesca dell’epoca questi schemi di pensiero.
I film tedeschi possono, quindi, farsi eco in maniera suggestiva e particolarmente efficace del discorso nazista in cui l’antisemitismo occupa un posto di rilievo e funge da elemento catalizzatore per sensibilizzare il popolo tedesco in merito alla presenza nociva dell’“ebreo” in quanto, al contempo, incarnazione del male assoluto per la Germania (“Der ewige jude, L’eterno ebreo” – 1940) ed elemento pericoloso perché agisce per nuocere alla Germania (“Suss l’ebreo” di Veit Harlan -1940).
Spetta allora agli insegnanti e agli studenti interrogare la Storia rispetto all’adesione di una parte della Germania a queste teorie e, inoltre, alle azioni che ne sono seguite. La Germania ha aderito in massa al nazismo? La domanda che sorge legittimamente agli studenti è quindi: “Come è stato possibile? “ Il film di Michael Haneke “Das weiße Band, Eine deutsche Kindergeschichte – Il nastro bianco una storia di un’infanzia tedesca” (vincitore tra l’altro a Cannes nel 2009- NdT) ci mostra la situazione della Germania alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale e ci offre la possibilità di riflettere, assieme agli studenti, sulla situazione di una società protestante del nord della Germania, la stessa per intenderci che condusse il nazismo al potere. Dobbiamo sforzarci di collegare questa società gerarchizzata mostrata dal film, al contesto storico, riferendoci in particolare alla situazione del paese dopo la Prima Guerra Mondiale, per tentare di spiegare la sconfitta della Repubblica di Weimar sin dal suo insediamento e la situazione che permise successivamente l’ascesa del nazismo al potere.
Il tema del consenso e dell’adesione al nazismo deve essere affrontato andando oltre il solo riferimento dell’arrivo al potere di Hitler per allargare lo sguardo e dare spazio a una riflessione più profonda sull’adesione al regime e, successivamente, ai crimini. Uno studio sul film “Die welle – L’onda” di Denis Gansel ( 2008) ci consente di affrontare questa tematica sollecitando gli alunni su questioni come la forza del gruppo, il conformismo sociale, il culto del capo, la diluizione della responsabilità. Questi concetti sono anche delle caratteristiche proprie del nazismo e ci permettono di intraprendere una riflessione sulla condotta delle masse sino ad arrivare a interrogarci su ciò che ha reso possibile il compiersi dei crimini nazisti, così nella concezione come nella loro esecuzione, soprattutto da parte di “tedeschi ordinari”, ovvero uomini e donne comuni.
Iannis Roder è professore di storia a Parigi, consulente pedagogico e coordinatore della Formazione per il Mémorial de la Shoah. Cura da molti anni la preparazione degli insegnanti di lingua francese sul tema dell’insegnamento della Shoah, oltre a occuparsi, in particolare, del coordinamento dell’Université d’été, seminario permanente del Mémorial de la Shoah. Interviene in numerose formazioni internazionali sul tema dell’insegnamento della Shoah.
Come autore, ha pubblicato un contributo in «Les territoires perdus de la République, antisémitisme, racisme et sexisme et milieu scolaire. » opera collettiva diretta da Georges Bensoussan (Editions Mille et une Nuits, Paris, 2002) e Tableau noir. La défaite de l’école, Denoël Editions, 2008. Ha collaborato alla redazione del Dictionnaire de la Shoah edito da Larousse, Paris, 2009.
Insieme a Joël Kotek, ha realizzato il manuale didattico «De la parole antisémite à la destruction des Juifs d’Europe. Enseigner la Shoah au collège et au lycée » (Edizione Mémorial de la Shoah, Paris, 2009).